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La riscoperta di un vitigno autoctono: l’Erbamat

La riscoperta di un vitigno autoctono: l’Erbamat
A partire dal 1700, la preservazione e l’incremento della variabilità genetica della vite cominciò a venire meno a favore della propagazione di vitigni ad alte rese per far fronte al crescente consumo del vino da parte delle classi sociali meno abbienti. Solo negli ultimi anni si è saputo dare il giusto valore alle varietà autoctone.…

A partire dal 1700, la preservazione e l’incremento della variabilità genetica della vite cominciò a venire meno a favore della propagazione di vitigni ad alte rese per far fronte al crescente consumo del vino da parte delle classi sociali meno abbienti. Solo negli ultimi anni si è saputo dare il giusto valore alle varietà autoctone.

A tal proposito, il Consorzio per la tutela del Franciacorta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, ha svolto negli ultimi anni un percorso di ricerca che ha portato ad introdurre il vitigno autoctono Erbamat nel disciplinare del Franciacorta DOCG dalla vendemmia 2017.

La scelta del Consorzio è ricaduta proprio su questo vitigno in vista del cambiamento climatico in atto, il quale, ha determinato un anticipo delle fasi fenologiche fino a 10-20 giorni rispetto alla precedente epoca. Con ciò, l’Erbamat, risulta essere utile per mantenere acidità più elevate e pH più bassi, parametri fondamentali per la realizzazione di una buona base spumante.

CENNI STORICI E DESCRIZIONE AMPELOGRAFICA – La prima testimonianza storica risale al 1564, nominato da Agostino Gallo.

È un vitigno vigoroso, a bacca bianca, le cui peculiarità principali sono: la maturazione molto tardiva (metà ottobre), l’elevata acidità, la compattezza del grappolo e la sensibilità a Marciume acido o Botrite precoce in condizioni agronomiche non ottimali. Per i motivi appena citati, dal 2015, nei vigneti di 5 aziende franciacortine sono state allestite prove di potatura e prove agronomiche atte a valutare la riduzione della compattezza del grappolo, e quindi la suscettibilità a marciumi.

Dai primi risultati emerge che la forma d’allevamento a Guyot regolato a 8 gemme sia il giusto compromesso per una buona fertilità delle gemme, per il minor indice di vigore e per la più semplice gestione agronomica del vigneto. Si evince inoltre che sfogliature localizzate lungo la fascia dei grappoli consentano di ridurre l’umidità relativa e, conseguentemente, anche il rischio di marciumi. Tuttavia sarà necessario attendere anche i risultati delle prove attualmente in corso prima di poter validare questi protocolli operativi.

Gabriele Valota

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