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Vaccini e varianti: cronache dalla pandemia con Matteo Bassetti

Vaccini e varianti: cronache dalla pandemia con Matteo Bassetti

L’Italia procede con la somministrazione dei vaccini. Tra la campagna vaccinale, il via dell’Aifa agli anticorpi monoclonali e le varianti che si stanno diffondendo nel nostro Paese, a che punto siamo con la pandemia? Lo abbiamo chiesto al Professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di Crisi Covid-19 della Regione Liguria.

Siamo pronti in Regione Liguria ad avviare la vaccinazione degli over 80, dopo che alcune categorie hanno già ricevuto la seconda dose. Perché è così importante questa nuova fase della campagna vaccinale? 

Non è che sia importante questa nuova fase: sono importanti in generale le vaccinazioni. Se vogliamo uscire da questo disastro in cui siamo entrati più di un anno fa, il modo migliore è quello di vaccinare tutta la popolazione. Quindi non solo chi ha più di 80 anni – che ovviamente ha una priorità – ma anche tutti gli altri. Ci vuole uno sforzo maggiore rispetto a quello che stiamo facendo oggi, perché non dobbiamo dimenticarci che il vaccino per Sars-CoV-2 andrà fatto non una tantum, ma probabilmente una volta all’anno o ogni due anni, questo si scoprirà strada facendo. È evidente che non potremo arrivare al prossimo gennaio con una parte della popolazione che non avrà ancora ricevuto la prima dose. Bisogna muoversi, bisogna correre e cercare di alzare un po’ l’asticella. Soprattutto a livello centrale.

In questi giorni si parla molto delle varianti del virus che sono arrivate nel nostro Paese. C’è la possibilità che gli attuali vaccini possano non coprire queste mutazioni? 

In un Paese che ha vaccinato poco meno del 2% della popolazione, è quantomeno prematuro fare dei discorsi sull’efficacia del vaccino sulle varianti. La variante che più circola nel nostro Paese, quella inglese (i dati dicono che circa un quarto dei nuovi contagi sono appartenenti a questa variante) è perfettamente coperta dal vaccino. Più che dire alla popolazione che queste mutazione potrebbe resistere al vaccino, mi concentrerei su fare i vaccini. Mi pare una comunicazione un po’ difficile da comprendere, portata avanti perché il nostro Paese non si è approvvigionato abbastanza vaccini. Intanto vacciniamoci. Il problema delle varianti è marginale.

La comunicazione dovrebbe essere: i vaccini ci sono e ci sono per tutti. Vaccinatevi. Poi eventualmente parleremo di una terza dose per coprire le varianti. Ma prima bisogna portare a casa il risultato.

Potremo avvalerci nella lotta al Covid anche degli anticorpi monoclonali

Me lo auguro. Per il momento tanti begli annunci ma a oggi in ospedale dove sono non ho ancora gli anticorpi monoclonali. Dato che chi deve dare i monoclonali, doveva anche dare i vaccini, speriamo in bene.

Quali sono i prossimi passi per gestire al meglio la pandemia? 

Il modo per gestire la pandemia è quello di vaccinare più gente possibile. Cosa che non abbiamo fatto fino a oggi. Quindi si tratta di ripartire da zero con le vaccinazioni. Parlando alle persone, perché c’è una parte del Paese che è scettica sui vaccini, spiegando i benefici e i rischi. Dopodiché bisognerebbe riorganizzare il sistema sanitario italiano, sia per quanto riguarda il territorio sia per quanto riguarda l’ospedale.

C’è bisogno di un profondo restyling, c’è bisogno di un profondo investimento, sia dal punto di vista strutturale che da quello dei macchinari. Vanno messi a nuovo gli ospedali strutturalmente, ammodernati tutti i macchinari. Inoltre, è necessario un investimento in risorse umane, che significa maggiore collaborazione e coordinazione tra enti diversi, come Università e Ministero della Salute. Bisogna anche investire in tecnologia, digitalizzando il sistema sanitario. Noi oggi stiamo procedendo con i vaccini, eppure non abbiamo un anagrafe unica vaccinale nazionale elettronica. Tutto dovrebbe essere contenuto in un fascicolo sanitario, non solo le vaccinazioni, ma esami del sangue, radiografie.

È importante pensare anche oltre il Covid. Il Covid ci ha insegnato che questo sistema ha bisogno di una profonda riorganizzazione, perché troppo depauperato negli ultimi 15/20 anni. Alla fine il sistema sanitario ha retto anche bene, tenendo conto del suo stato. Ma è necessario cambiare molte cose e con urgenza. Per cui mi auguro che buona parte dei fondi che arriveranno con il Recovery Fund andranno nel sistema sanitario.

 

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