Con il nuovo governo è destinato a cambiare ancora una volta il panorama previdenziale. L’introduzione di una nuova riforma prevederebbe, prima di tutto, lo stop a Quota 100. Secondo Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, intervistato da Pmi.it, la riforma dovrebbe assicurare ai contributivi puri una pensione equiparata a quelli degli altri.
Ipotizzando la riforma definitiva nel 2021, sarebbe possibile, secondo Brambilla, inserire qualche provvedimento fin da subito. Per esempio dando certezza già oggi che quota 100 e tutte le altre opzioni attualmente previste vanno a concludersi. Del resto, il capitolo “pensioni” è ancora da scrivere nel programma di governo giallo-rosso e dovrà essere messo a punto dal nuovo esecutivo nei prossimi mesi.
Quota 100, in base all’attuale legislazione (in pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi) è sperimentale fino al 2021. Fra le ipotesi delle ultime ore c’è la scadenza anticipata a fine 2020.
Qualche ipotesi
Con la manovra 2019, Brambilla suggerisce di cominciare a mettere in cantiere qualcosa sulla flessibilità in uscita, introducendo per esempio nuove possibilità, come 64 anni e 37 di contributi, oppure 67 anni tutti indicizzati. Altra cosa, l’utilizzo dei fondi esubero per alleggerire il costo delle attuali formule sperimentali di pensione anticipata (Ape Sociale, pensione Precoci, Opzione Donna), che costeranno un paio di miliardi.
Azioni che dovrebbero essere destinate comunque a scomparire, sostituite da una riforma complessiva del sistema. Che risolva innanzitutto la questione dei contributivi. In base all’attuale normativa, coloro che calcolano la pensione interamente con il sistema contributivo fanno fatica ad andare in pensione: ci possono andare con i 64 anni indicizzati, ma devono aver maturato un assegno 2,8 volte superiore all’assegno sociale, intorno ai 1.350. Oppure, a 67 anni. Anche qui c’è il paletto dell’assegno maturato pari ad almeno 1,5 volte il minimo. Il risultato è che si tratta di lavoratori destinati ad andare in pensione a 68-69-70 anni, e che sono quelli che stanno finanziando tutto il sistema adesso.
Cosa serve
Per Brambilla, una vera riforma deve puntare all’equiparazione di tutti, in base ai seguenti parametri: utilizzo dei fondi esubero; 64 anni di età e 36-38 anni di contributi; 67 anni di vecchiaia; 42 anni e dieci mesi.
Si tratterebbe dunque di introdurre una nuova forma di flessibilità in uscita basata sulle quote, con un minimo di età e di contributi. Inoltre, ampliare la platea degli utilizzatori delle pensioni di vecchiaia e anticipate già previste. Infine, un’equiparazione anche sul fronte dell’integrazione al minimo per coloro che rischiano di ritirarsi con una pensione modesta pur avendo versato molti anni di contributi.