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Pesce: ecco sfatati 8 falsi miti

Pesce: ecco sfatati 8 falsi miti
Con l’arrivo del sole, del caldo sale un’impellente voglia di mare e perché no, anche di pesce. Per godersi al meglio un buon piatto di pesce è bene però non farsi ingannare da i falsi miti che circolano a riguardo. Per questo motivo abbiamo deciso, con l'aiuto di Slow Food e di ricercatori e dietisti,…

Con l’arrivo del sole, del caldo sale un’impellente voglia di mare e perché no, anche di pesce. Per godersi al meglio un buon piatto di pesce è bene però non farsi ingannare da i falsi miti che circolano a riguardo. Per questo motivo abbiamo deciso, con l’aiuto di Slow Food e di ricercatori e dietisti, di sfatare 8 falsi miti e bugie sul pesce a tavola.

1.Il sushi più buono con il pesce più fresco

Quante volte lo abbiamo letto nelle ammiccanti pubblicità dei ristoranti? Con il crudo però non si scherza e quindi godiamoci sushi, sashimi, tartare, carpaccio e marinato, ma teniamo a mente qualche piccolo accorgimento. Se lo consumiamo al ristorante il pesce deve essere abbattuto come prevede la legge, cioè surgelato in un abbattitore che lo porta velocemente a una temperatura di -18 gradi. Se lo prepariamo a casa dobbiamo conservarlo per almeno 96 ore in un congelatore domestico contrassegnato con tre o più stelle. Il rischio è quello di ingerire il famigerato anisakis, un parassita particolarmente persistente che affligge, tra le altre specie, acciughe e sardine, aringhe, branzini e merluzzi, rane pescatrici e calamari. Nell’uomo provoca infiammazioni allo stomaco e all’intestino e reazioni allergiche in alcuni casi anche gravi.

2. Il salmone è il re di tutte le diete (anche ipocaloriche)

Lo sanno tutti quelli che almeno una volta nella vita si sono sottoposti a dieta. Il salmone, infatti, è il pesce più consigliato. Bisogna però fare particolarmente attenzione al tipo acquistato ed evitare quello di allevamento. Non bisogna farsi trarre in inganno dalla presentazione del pesce. Se il colore di quest’ultimi fosse rosa come quelli selvaggi è bene sapere che è dovuto al fatto che nei loro mangimi è presente una sostanza colorante. I pesci di allevamento, inoltre, sono nutriti non solo con altri pesci, ma anche con farine derivanti dagli scarti di macellazione. Pertanto sempre meglio scegliere il salmone selvaggio.

3.Il pesce bistecca è più caro, quindi è di maggior qualità

In realtà è solo più comodo perché non ha spine e si cucina, e consuma, appunto, come se fosse una fetta di carne. Parliamo del pesce spada e del tonno, ad esempio, specie dal ciclo vitale lungo più di una stagione, che attraversano diversi mari prima di essere catturati e che ci trasmettono tutto il loro carico di contaminanti e metalli pesanti. Senza contare che la pesca intensiva del pesce spada e del tonno, quello rosso in particolare, ha messo a dura prova gli stock ittici, non lasciando ai giovanili la possibilità di crescere e diffondersi al di sopra della soglia di rischio.

4.Preferisco il pesce fresco perché sono sicuro sia locale

Sarebbe bello questo sillogismo fosse vero, in realtà non lo è affatto. Per averne conferma basta dare un’occhiata a un qualsiasi banco del pesce. Nel nostro Paese ogni giorno arriva pesce fresco proveniente da ben 40 Paesi, molti dei quali si affacciano sul Pacifico o sull’Atlantico. In questo caso ad esserci d’aiuto deve essere l’’etichetta, la quale deve contenere obbligatoriamente:
1)Denominazione commerciale della specie: es. “orata”
2)Metodo di produzione: “pescato”, “pescato in acque dolci”, “allevato”;
3)Zona di cattura: deve essere indicato in maniera comprensibile per il consumatore il mare in cui è stato catturato.
4)Stato fisico: decongelato, scongelato
5)Presenza di additivi.

5.Non esiste una stagionalità dei pesci

In realtà esiste una stagionalità anche per i pesci, se si rispettano i tempi di riproduzione (e quindi il fermo pesca) e se si sceglie di acquistare specie provenienti dai mari a noi più vicini.

6.Le sogliole sono tutte uguali anche se hanno prezzi diversi

Che dire di stoccafisso e baccalà? E dei polpi? A volte la variazione può essere anche di diversi euro, una forbice spesso eccessiva, non giustificata dal taglio del filetto o dalle dimensioni dell’esemplare. Cosa c’è sotto, quindi? Purtroppo il fenomeno è sempre più diffuso a causa dell’eccessivo sfruttamento dei pesci più pregiati, e si chiama sostituzione di specie. Quando, a dispetto di cosa riporta l’etichetta, acquistiamo una lenguata senegalese (valore 4 euro/kg) al posto della sogliola, il brosme (valore 7 euro/kg) al posto di stoccafisso e baccalà, i moscardini al posto dei polpi (valore 4 euro/kg), siamo vittima di una frode commerciale a tutti gli effetti. Come ci si può difendere? Studiandone l’anatomia se acquistiamo il pesce da consumare a casa, non c’è altro modo.

7.Vongole e cozze sono inquinate

Sono invece le specie allevate da privilegiate per gusto, facilità di preparazione e proprietà nutrizionali; perché scegliendole non andiamo a stressare sempre i soliti cinque pesci pescati che consumiamo e perché la mitilicoltura è la forma di allevamento più sostenibile. Largo quindi a cozze, vongole e ostriche, che si nutrono dei microrganismi presenti nell’acqua, filtrandola, e non necessitano quindi di mangimi. È però necessario che l’ambiente di allevamento sia sicuro per evitare che sostanze o batteri nocivi alla nostra salute siano filtrati e si accumulino poi nel loro organismo. Gli allevamenti di qualità privilegiano basse densità e favoriscono adeguati ricambi delle acque. Come tutti i molluschi, devono essere vendute in reti sigillate, recanti un’etichetta che ne indichi varietà, scadenza e provenienza.

8.Mangiare più pesce fa bene alla salute

Nutrizionisti e dietologi, ma anche presentatori e chef-star, consigliano di consumare più pesce per il contenuto di omega-3 e per le sue carni pregiate. Ma sappiamo tutti che gli stock della maggior parte dei pesci che consumiamo abitualmente sono ormai al collasso. Forse allora dovremmo ripensare i nostri consumi di pesce per rendere la dieta mediterranea più sostenibile. Come? Valorizzando le fonti alternative di omega-3 (come i semi ad esempio), i pesci stagionali e a ciclo vitale breve, poco conosciuti e meno costosi, per i quali il prezzo non corrisponde di certo al valore nutrizionale. E poi ci sono i “non pesci”, le alternative che il mare ci offre per esaltare il piacere e mantenerci in salute, senza intaccare gli ecosistemi acquatici: meduse e alghe, molluschi e crostacei. Perché no?

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