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La nascita e la morte delle parole

La nascita e la morte delle parole

Negli ultimi mesi giornalisti, scrittori e intellettuali si sono interrogati con particolare interesse sulla lingua italiana e sui cambiamenti evidenziando come, mentre noi cresciamo i nostri modi di dire ed esprimerci cambiano. Il dibattito è nato dalla nascita di Ngram, un archivio digitale di milioni di testi scritti dal 1800 al 2000.

 Ngram è consultabile in inglese americano e britannico, spagnolo, ebraico, francese, cinese e tedesco ma è stato da pochi giorni annunciato che sarà disponibile anche in italiano.

Nulla di nuovo direte voi. È vero ma all’interno di questa analisi del linguaggio sono stati messi in luce alcuni interessanti e divertenti cambiamenti che ci hanno accompagnati dalla nostra adolescenza ad oggi e spiegano perché gli over 50 parlino in modo diverso rispetto ai figli o ai nipoti.

Primo tra tutti l’uso del “lei” e del “tu” che, come ricorda Umberto Eco in Bustina di Minerva “se a 25 anni un estraneo mi dava del tu, io lo prendevo a schiaffi”.

I cambiamenti a cui abbiamo assistito anche solo negli ultimi vent’anni sono molto più profondi e le ultime decadi hanno visto nascere – per poi scomparire e far sorridere i nostri figli quando le usiamo – moltissime parole nuove, provenienti soprattutto dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra, ma anche firmate “made in Italy”, come i “paninari” degli anni Ottanta. Negli stessi anni abbiamo iniziato a parlare di aids e vhs. Negli anni Novanta è stata la volta dei cd, dei piercing e dei cellulari, tramite cui abbiamo iniziato ad esprimerci tramite abbreviazioni e faccette per descrivere le nostre emozioni, mettendo “in cantina” la virgola e il punto e virgola.

Sono gli anni Duemila, la tecnologia esplode e nascono gli mp3, i download, i social network, i nerd e il verbo twittare. Parole entrate a pieno regime nel lessico dei giovanissimi e, più gradualmente, anche in quello di chi, da giovane, diceva “togo” e “dare buca”.

Il Corriere della Sera ha persino indetto un referendum chiedendo ai suoi lettori di scegliere le parole da cestinare. Il vincitore? Quant’altro.

g.n. redazione@altraeta.it

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