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Aloi, psicanalista: “L’inganno e il tradimento”

Aloi, psicanalista: “L’inganno e il tradimento”

Ci sarà al mondo qualcuno che non abbia mai ingannato e tradito? Credo proprio di no e lo credo perché semplicisticamente e parzialmente interpreto inganno come azione per tenere qualcuno in errore e tradimento come azione per tradurre altrove.
E dunque nessuno mai ha potuto non agire così, se non altro perché ingannare e tradire sono verbi transitivi.

E allora altra domanda: qualcuno si è mai sottratto dall’ingannarsi e dal tradirsi?
Verrebbe voglia di chiedersi se ci sia poi così tanta differenza tra ingannare e ingannarsi e tradire e tradirsi. Molto probabilmente chi inganna si tradisce e chi si inganna tradisce.
Prendiamo un caso di vita, qualcosa di pratico.

Una persona inganna chi le sta accanto tradendo la fiducia e magari anche l’amore. Inganna perché ha voglia di andare, di “tradursi” via, e alla fine si tradisce rendendosi conto dell’evidenza dell’inganno.
Viceversa, chi si inganna su qualcosa o su qualcuno, ossia sulla “bontà” della cosa che lo porta ad ingannarsi, tradisce perché non comprende che chi, la persona, che porta l’altro ad ingannarsi non è persona (o fatto o idea) che meriti il tradimento dello stato delle cose.

Bene, al di là di queste mere speculazioni iniziali, giusto per addentrarci, vediamo quale il significato psicologico di ingannare e tradire e quali sentimenti ne derivano.

Si diceva che ingannare significa tenere qualcuno in errore: l’etimologia del termine indica proprio che inganno è astuzia e artificio volontari per trarre e mantenere qualcuno in uno stato di non correttezza (della comprensione, della conoscenza e così via), mentre tradire significa consegnare, portare altrove: dunque, dal mantenimento al trasferimento ed è  su ciò che occorre interrogarsi.

Non facciamone tanto una questione morale ed etica sulla tragedia dell’inganno e del tradimento nella vita degli affetti, ma facciamone “semplicemente” una questione psicologica, psicoanalitica in particolare.
Chi vuole tradire è libero di andar via –  sì libero, perché nessuno può impedire a nessun altro di “restare” ma non è libero – assolutamente no – di ingannare, altrimenti significa che non lascia libero d’andar via l’altro, di tradire e tradurre a sua volta. Ovviamente, psicologicamente.
Come fa una persona ingannata, cioè trattenuta nella burla dell’errore, ad “andarsene” dalla relazione? Solo la “scoperta” dell’inganno può permettere lo svuotamento, la depressione e quindi… lo spostamento altrove… verso altri investimenti.

Ed ecco l’aspetto psicologico che emerge con prepotenza: chi inganna non vuole lasciare libero l’altro, vuole tenerlo ancora lì – lì dov’è attaccato a quella cosa (storia, relazione, idea, fatto eccetera).
A questo punto verrebbe quasi voglia di “giustificare” l’ingannatore oppure di “condannarlo” definitivamente. Purtroppo, nessuna giustificazione possibile. Nessuno ha il diritto di trattenere l’altro nell’incoscienza volontaria. E’ azione peggiore (non solo psicologicamente) della sevizia e della violenza fisiche perché “non si sa” che la propria vita è nelle mani di altri, mentre purtroppo, con estremo dolore, si sa quando questo avviene concretamente.

C’è un antico adagio che dice “Occhio non vede, cuore non duole”: è proprio così, tranne che l’occhio deve sempre sapere ciò che c’è da vedere e nessuno ha il diritto di chiudere gli occhi dell’altro (uguale, ingannare).
Chi subisce l’inganno, ancor più del solo tradimento, perde le forze dell’essere umano esistente di per sé e per gli altri: è annullato, reciso, spezzettato e ricomporsi è dolorosamente difficile. Non è questione di fiducia (appunto, non facciamo solo una questione morale, anche se non è certo cosa da poco): è questione di essere presi in ostaggio dalla volontà altrui che tortura con la non-consegna-della-verità. Quali sentimenti possibile se non quelli dell’aggressiva quanto dolorosa distruzione e distruttività?

E’ terribile per chiunque scoprire un inganno e  il diritto alla conoscenza fa la differenza tra il riconoscimento di sé e la svalutazione annichilente. La molla psicologica dell’inganno è sempre e comunque l’egoismo: si vuole tenere il vecchio e il nuovo (qualunque cosa si possa  o si voglia intendere). Ad unica piccola “discolpa” dell’inganno, si può portare una sorta di testimonianza di “attaccamento” patologico che a volte ha a che fare con l’amore infantile e superficiale.
Chi è ingannato deve ricostruirsi; chi è tradito deve “solamente” spostarsi su altro e quindi, giocando un po’ e cercando qualche leggerezza sulla cosa, l’inganno batte mille a cento.
Il tradimento: cerchiamo di vederlo non solo sentimentale ma anche in forma evolutiva, non statica e questo vuole la psicoanalisi: occorre portarsi sempre oltre, al di là delle cose. Occorre superare il limite,  quell’hybris senza violenza  né cattiveria di prevaricazione che non porti disastro ma, anzi, nuova costruzione.
Dunque, per crescere (in ogni senso) occorre tradire: ciò che è importante è “come” .

Se tradire significa tutto quanto finora detto, vuol dire che tradire significa anche “cambiare”. Ecco, il punto è questo: ciò che è assolutamente permesso – anzi “obbligatorio” – è tradire se stessi rispetto alla staticità non evolutiva. Ma ciò può – e dovrebbe – avvenire all’interno della relazione con il mondo (dall’altro prossimo che sta accanto a tutto il resto)  ma come? con la comunicazione della cosa: nessuno deve restare lì dov’è solo perché non sa andar via, ma nessuno può non dire che sta “tradendo”.

E si ritorna al giro di partenza: tradire sì, spesso – ingannare no, mai.
Se non si tradisce non si impara; tutte le invenzioni e tutte le novità sono nate su tradimenti.
Chi tradisce e si tradisce è comunque psicologicamente intraprendente nelle cose del mondo, perché è possibile – a differenza dell’inganno – fare una netta separazione tra il tradimento degli affetti e dei valori e il tradimento della fermezza non evolutiva.
Allora, un passo indietro.
Questione morale sì o questione morale no? Certo che sì – assolutamente sì per l’inganno perché esso prevede sempre e comunque il confronto con l’altro.
No, non sempre per il tradimento,  e no tutte le volte che si tratta andar via senza offendere e umiliare i sentimenti, il rispetto e la dignità. Tradire sì ma mai di nascosto.
L’ideale, e quindi il non reale, sarebbe non ingannarsi sull’illusione e sul fascino del tradimento e non tradire sull’egoismo dell’inganno.

In ultimo, se volessimo fare un quadro psicoanalitico di chi inganna e di chi tradisce, potremmo dire che chi inganna non ha ben fatto i conti con l’istanza paterna egoica del pudore e della liceità e  con essa ha sicuramente problemi; chi tradisce di nascosto non ha ben chiaro il concetto di libertà individuale né quello di responsabilità e con quest’ultima non va tanto d’accordo.

Ad ogni modo, la nostra psiche ci aiuta sempre: dalla  nemesi dei sensi di colpa alla salvezza  ricostruttiva di se stessi e per fortuna ogni tanto la coazione a ripetere si rompe definitivamente. Con buona pace della serenità e della felicità.

Dott.ssa Grazia Aloi

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