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Cosa fa la consulente per figli CareGiver? Intervista a Silvia Farina

Cosa fa la consulente per figli CareGiver? Intervista a Silvia Farina

Quando ci si trova ad assistere un familiare che non è più autosufficiente, si intraprende un nuovo percorso di vita, una strada inesplorata che – spesso – si rivela accidentata e che ci carica di pesi inaspettati. Emozioni negative come rabbia, senso di colpa, sensazione di inadeguatezza possono prendere il sopravvento, lasciandoci spaesati. Come orientarsi fra le molteplici opzioni di assistenza? Meglio un supporto domestico o è consigliabile ricorrere a una struttura specializzata? E i costi? Il consulente per figli CareGiver fornisce le risposte a queste e altre domande.

Ci parla di questo mestiere Silvia Farina, consulente per figli CareGiver e Caregiving Coach di Milano. La sua è una vera e propria vocazione, nata dopo molti anni di volontariato. Una inclinazione naturale trasformata in professione. Dopo anni di lavoro nell’ambito dei servizi alla persona, Silvia è entrata a far parte di Home Instead Senior Care, una delle più importanti agenzie di servizi assistenziali a domicilio. Qui si è costruita un bagaglio di esperienza in merito all’ascolto delle famiglie e all’accoglienza della persona. Competenze che oggi offre durante le sue consulenze personalizzate e – ancora più importante – eticamente corrette

Il ruolo del consulente per figli CareGiver

La figura della consulente per i figli CareGiver non è ancora molto diffusa in Italia, nonostante stia diventando sempre più necessaria. Ci spieghi in cosa consiste esattamente il suo lavoro.

Mi rivolgo a quei figli che per la prima volta e spesso in modo improvviso devono organizzare un aiuto per i loro genitori anziani. In un frangente, spesso di emergenza, si trovano a prendere decisioni importantissime sia sul piano emotivo che economico, esponendosi così a grandi rischi per la mancanza di informazioni e consapevolezza. Anni di esperienza nella gestione dell’assistenza domiciliare alle persone anziane mi consentono di offrire rapidamente ai figli:

  •     orientamento rispetto alle diverse opportunità di supporto pubblico (sussidi e/o servizi gratuiti) e privati
  •     informazioni sui costi delle diverse opzioni di aiuto
  •     consapevolezza su ciò che possono e non possono fare/chiedere rispetto a ciò che dice la legge (a dispetto di ciò che tutti fanno)
  •     accoglienza e comprensione rispetto ad una situazione che il più delle volte affrontano da soli, schiacciati da paure diverse e sensi di colpa
  •     indicazioni su possibili gestori di servizi o supporto nella ricerca degli stessi, tenendo conto delle esigenze della famiglia
  •     affiancamento nel processo di selezione e scelta della badante se non si fidano dei criteri altrui e vogliono restare protagonisti della scelta: li facilito affiancandoli con le mie competenze professionali
  •     per chi a i genitori a Milano offro un pacchetto di servizi ad integrazione della badante.

Qual è oggi l’identikit del CareGiver familiare in Italia?

I caregiver familiari sono circa 8 milioni. Nel 75% dei casi questa figura è donna, nella fascia 45-60 anni, spesso contesa tra lavoro e la nuova famiglia che si è creata. La situazione si complica quando i genitori che erano ancora per lei un punto di appoggio per le proprie necessità familiari (supporto economico e/o nella cura dei figli) diventano un nuovo impegno quotidiano.

Il valore di un’assistenza su misura

Come fornire a una persona fragile o anziana le migliori cure assistenziali?

Secondo la mia esperienza di consulente per figli CareGiver, non si può fare di tutta un’erba un fascio. Ogni situazione va analizzata, lo stato di bisogno approfondito ed è opportuno fare un ragionamento profondo sulle risorse della famiglia sia sul piano economico che emotivo. Spesso il viaggio di cura, soprattutto in presenza di decadimento cognitivo, può durare oltre 10 anni. 

Nella mia esperienza spesso si tratta di accompagnare per mano le famiglie: le informazioni pratiche sono la parte più semplice. La sfida si pone quando gli stessi figli faticano ad accettare l’invecchiamento dei loro cari per quello che è. E lottano “perché si riprendano”, troppo addolorati per accettare che si tratta dell’inizio del declino senza ritorno. 

Le resistenze delle persone anziane sono lo standard e chiunque sia del settore le dà per scontate. Le scelte da fare sono faticose e dolorose e i figli hanno spesso bisogno di sentirsi accolti, capiti e appoggiati in scelte che per loro sono portatrici di sensi di colpa schiaccianti. Che invece spesso sono – anche se non sembra – scelte di amore e di buon senso.

Se la regola aurea è quella di tenere una persona anziana a casa sua il più a lungo possibile, per favorire una migliore qualità della vita e anche un’attenzione assistenziale 1a1, in certi casi il ricovero non va del tutto escluso e può avere degli aspetti positivi. Ogni caso va approfondito e ognuno è diverso dall’altro.

Quali sono i criteri da seguire e gli obiettivi da prefiggersi?

Il criterio della prevenzione, cioè di informarsi e iniziare ad agire prima che si presenti l’emergenza: dovrebbe un passo obbligato dai 70-75 anni in su. Purtroppo, in Italia, questa cultura, questo modo di pensare non sono ancora abbastanza diffusi.  

Il criterio del rispetto dell’anziano è quello di ascoltare il suo bisogno e di considerarlo come veramente importante anche per noi, sempre e comunque, fosse anche quello di sentirsi ancora autonomo nonostante le sue fragilità evidenti. Se anche a noi figli la scelta dell’anziano appare sbagliata e pericolosa va accettata, anche – purtroppo – quando le conseguenze negative impatteranno su di noi. Lo dice la legge, ma soprattutto è il primo passo per il rispetto della dignità della persona e se la persona non si sente rispettata, si parte col piede sbagliato. 

Il criterio dell’analisi consapevole dei costi e dei benefici di ogni opzione.

Come obiettivo invece ne indicherei uno solo fondamentale. Costruire un impianto assistenziale il più sicuro possibile, sostenibile nel tempo, sia sul piano economico che emotivo.

E per quanto riguarda il figlio Caregiver?

Il criterio del rispetto di sé: al di là del progetto di vita ideale, non siamo tutti la famiglia del Mulino Bianco. Spesso non lo siamo sul piano relazionale e sul piano economico. Evitiamo di sentirci in dovere di rispettare un modello esterno “ideale”. Il modello di assistenza che costruiremo dev’essere quello giusto per la nostra specifica realtà, fatta magari di case piccole, di finanze limitate o di rapporti conflittuali con il genitore. 

Se un figlio decide di ricorrere a un consulente per figlio CareGiver e pagarlo è perché ha intenzione di fare la cosa migliore, altrimenti di soluzioni “facili” e immediatamente realizzabili a scatola chiusa senza troppi pensieri ce ne sono in abbondanza. Fatto salvo questo, la migliore assistenza è quella che non trascura il bene della persona sana, il caregiver familiare che rimane l’unica risorsa dell’assistito. Per garantire una buona assistenza il caregiver familiare deve poter essere forte e lucido.

Quali elementi tenere in conto per sviluppare un metodo di lavoro tagliato su misura, che soddisfi le esigenze degli assistiti e dei familiari CareGiver allo stesso tempo?

Dialogare, dialogare e dialogare. Questo è l’elemento apparentemente banale ma che il più delle volte è la chiave di tutto. Dialogare non significa solamente esprimere il proprio punto di vista senza mortificare l’interlocutore, ma vuole dire anche esercitare la propria capacità di ascolto reale dell’altro. Solo così potrà attivarsi un processo di negoziazione interna che tenga conto delle esigenze di entrambe le parti. Se i rapporti in famiglia sono da tempo conflittuali, l’impresa è veramente titanica perché si porta dietro la risacca di vissuti emotivi che interferiscono e inficiano il dialogo.

Detto questo è importante partire dal presupposto che “fragilità” non implica incapacità di decidere. I figli non devono sbarcare nella vita dei genitori imponendo scelte a loro estranee, solo perché iniziano ad avere fragilità. Non funziona così.

Parimenti per quei figli che rischiano di essere fagocitati dalle richieste dei propri anziani e dai ricatti più o meno consapevoli che favoriscono l’emergere di sensi di colpa, è bene che essi – prima di entrare in qualsiasi discussione coi genitori – facciano un lavoro su se stessi per comprendere fin dove possono, si sentono o sono disposti ad arrivare per aiutarli.

Consigli per la scelta della badante

La selezione della badante è un momento delicato: come va affrontata questa scelta? 

Applicare nella scelta della badante la stessa attenzione, la stessa cura e lo stesso tempo che si impegnerebbe per scegliere un collega, un collaboratore, un manager dal quale dipende il nostro lavoro o il nostro fatturato.

È assurda la consuetudine di non prestare la stessa attenzione a questa selezione come a quella che avviene in azienda. Questa persona entrerà in casa nostra, per viverci e sarà a contatto con tutti i nostri tesori più preziosi, dalle persone alle cose… Eppure si tratta la materia con criteri molto meno “scrupolosi e attenti”,. 

Parimenti, pagare terze persone perché si occupino loro della selezione e della scelta, spesso si porta dietro un atteggiamento di deresponsabilizzazione da parte delle famiglie. La relazione che andrà crearsi con questa nuova persona che entrerà in casa è e rimane diretta responsabilità della famiglia, che non può essere in alcun modo sostituita. 

Qualche consiglio pratico?

Se la famiglia vuole fare da sé per contenere i costi, si prenda il tempo per fare un annuncio mirato e non banale, che espliciti già  alcune condizioni assolutamente necessarie per la loro considerazione. Si prenda il tempo per capire cosa è imprescindibile. Si prenda il tempo per costruire una maschera di domande che non solo ci consentano di valutare la persona in sé, ma anche la disponibilità ad ottemperare ad alcuni incarichi per noi fondamentali. Ad esempio la cura di animali domestici, il saper cucinare italiano in modo autonomo e vario, il saper stirare, eccetera. 

Si prenda il tempo per chiedere le referenze e le controlli veramente, chiamando e preparando le domande da fare per verificare ciò che per loro è importante.

Non dare nulla per scontato: il più delle volte è la mancanza di dialogo o il non allineamento delle rispettive aspettative che genera le tensioni. La badante non può conoscere le abitudini o preferenze di ogni singola famiglia e il fatto che “da sola” non s’immagini ciò che per noi è importante non la definisce come una cattiva badante.

Consulenze per i lettori di Altraetà

Silvia Farina, consulente per figli CareGiver, offre ai lettori di Altraetà uno sconto del 15% sui servizi di attivazione gestori e consulenza. Vai alla pagina delle convenzioni per scoprire come. La trovi <<QUI>>.

Micol Burighel

 

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