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Alzheimer e caregiver in Italia: i numeri dell’altra faccia del fenomeno

Alzheimer e caregiver in Italia: i numeri dell’altra faccia del fenomeno

600 mila persone in Italia soffrono di Alzheimer e si trovano a confrontarsi, ogni giorno, con un progressivo declino della memoria e delle capacità cognitive. Fino all’impossibilità di portare a termine anche i compiti più semplici.

Numeri di un fenomeno caratterizzato anche da un’altra figura, quella dei caregiver. In molti casi familiari che spesso si fanno carico in prima persona dell’assistenza al loro parente. Un’attività per questo spesso svolta in maniera informale, che per ben un italiano su tre (30%) ha il suo impatto più forte e complesso da gestire sulla sfera psicologica ed emotiva.

Il quadro emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio di Reale Mutua sul welfare. In occasione del mese dell’Alzheimer, l’osservatorio ha acceso un faro sui caregiver e su come gli italiani percepiscano l’assistenza da loro prestata, tra ruoli, difficoltà e bisogni di fronte alla patologia. «L’Alzheimer ha un forte impatto sulle famiglie in termini di costi, oneri di assistenza e cura. Ma anche, come confermato dal nostro Osservatorio, forti carichi psicologici ed emotivi», sottolinea Michele Quaglia, direttore commerciale e brand di gruppo.

I dati dell’analisi

Oltre agli impatti psicologici, per un italiano su quattro (23%) preoccupano le ripercussioni sulle disponibilità economiche derivanti dai costi di cura e assistenza. Dati che trovano conferma in una ricerca Censis-Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer), che ha quantificato i costi diretti dell’assistenza in oltre 11 miliardi di euro, di cui il 73% a carico delle famiglie. Un costo annuo medio, per paziente, di oltre 70 mila euro, comprensivo dei costi a carico del Ssn, di quelli che ricadono sulle famiglie e di quelli indiretti, come i mancati redditi da lavoro percepiti dai pazienti o gli oneri di assistenza dei caregiver.

L’aspetto più difficile da gestire assistendo un familiare affetto da Alzheimer è il cambiamento irrevocabile nella persona e nella relazione (31%). Segue il rischio che il paziente possa far male a se stesso o agli altri (20%) e dalla sua regressione psichica (18%). Questa può portare ad alcuni comportamenti tipici, come la frequente tendenza a reiterare domande e gesti (11%) e a stati di agitazione e insonnia (8%).

Ma quali sono, nella percezione degli italiani, i campanelli d’allarme del manifestarsi della malattia? Il più caratteristico è la dimenticanza dei nomi dei familiari (24%), così come l’incapacità di svolgere azioni abituali (23%) e il disorientamento spazio-temporale. Questo si manifesta per esempio con lo smarrirsi per strada (21%). Altro segnale è l’incapacità di ricordare posizioni di oggetti dentro casa (17%) o la data del giorno (7%).

Quali sono le realtà e i soggetti che gli italiani, in generale, percepiscono come più attivi sul fronte dell’Alzheimer? In primo luogo, le strutture e le cliniche private (27%), seguite dalle associazioni nazionali o territoriali (24%). Solo in terza posizione le prestazioni e i servizi del Sistema Sanitario Nazionale (20%). Seguono quelli messi a disposizione dal Comune e dalla Regione (12%).

Quanto a specifiche attività sul territorio dedicate all’assistenza ai malati di Alzheimer, più di due italiani su tre (67%) affermano di non conoscere alcun progetto a riguardo. Per sostenere l’attività dei caregiver, oltre la metà degli italiani opterebbe per servizi di assistenza domiciliare (52%), magari integrati da attività presso centri diurni (44%). Tra le scelte anche le attività dedicate durante il giorno (24%). Più di un italiano su quattro vede inoltre una soluzione efficace nella flessibilità oraria (28%). Ciò permette di conciliare la cura del proprio caro con l’attività lavorativa, senza dovervi rinunciare.

Per affrontare e gestire con efficacia gli impatti psicologici, due italiani su tre si rivolgerebbero infine a uno psicologo o psicoterapeuta (70%), magari ricorrendo ad associazioni dedicate. Un 15% andrebbe dal medico di base, mentre un 10% cercherebbe sostegno non da uno specialista ma in famiglia.

Il commento

«Se guardiamo ai trend demografici, i dati ci dicono che in Italia ci sono 13,8 milioni di ultra 65enni, il 23% della popolazione, ed è in corso un continuo fenomeno di invecchiamento. È quindi importante affiancare le famiglie, che in gran parte fanno fronte da sé ai compiti di assistenza, con soluzioni di welfare dedicate − descrive Quaglia − Come Reale Mutua mettiamo a disposizione strumenti specifici che offrono un supporto concreto per gestire le diverse necessità e urgenze che possono verificarsi nella vita quotidiana. A partire dai prodotti Long Term Care che proteggono dal rischio di non autosufficienza. Ci sono anche i servizi di tutoring medico personalizzato per fornire informazioni e consigli utili, al supporto psicoterapeutico, alle sedute di orientamento e counseling. Ma anche servizi pratici come la consegna della spesa a domicilio e alle diverse prestazioni di assistenza domiciliare, che possono sostenere e affiancare l’operato del caregiver».

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