Una prolungata standing ovation: così si è concluso ieri sera all’Arena di Verona l’unico concerto italiano di Charles Aznavour, che si è regalato un tour mondiale per festeggiare i settant’anni di carriera.
In un’Arena gremita, l’ultimo chansonnier francese di origine armena si è esibito in tre lingue, senza concedersi nemmeno una pausa. Ha cominciato con Les Emigrants, per passare poi ad altri indimenticati successi: Devi sapere (Il Faut savoir), J’ai ne pas vu le temps passer, ma anche Paris au mois d’août, Lei (She), Ave Maria, La Bohème, Mes emmerdes, per concludere con un Emmenez moi ritmata da un pubblico, proveniente un po’ da tutta Europa, entusiasta.
La voce, certo, non è più quella di un tempo, ma Aznavour ha saputo incantare per la sua energia (ha accennato qualche passo di danza), la sua eleganza, la sua semplicità e tanta autoironia (“La memoria non è più quella di una volta e come la maggior parte degli artisti mi faccio aiutare dal gobbo… e sono l’unico che non ha paura di dichiararlo”). Merci sempre più rare in un mondo dello spettacolo dove c’è chi, tentando a tutti i costi di sfidare l’età che avanza, scade nel ridicolo e nel cattivo gusto.
Aznavour, con la sua sobrietà – non ha concesso il bis nonostante l’acclamazione, ha dato una lezione di stile a tutti.
Chiara Franceschi