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Perché anche i caregiver hanno bisogno di una vacanza

Perché anche i caregiver hanno bisogno di una vacanza
Alzheimer over 65
Sono milioni in tutta Italia, da nord a sud. Assistono un proprio familiare, come un figlio, un genitore, un coniuge, disabile, malato, comunque non autosufficiente. Un’attività molto faticosa quella dei cosiddetti caregiver, che si svolge all’interno delle mura domestiche per molte ore ogni giorno o addirittura a tempo pieno. Cercando un equilibrio che spesso diventa impossibile…

Sono milioni in tutta Italia, da nord a sud. Assistono un proprio familiare, come un figlio, un genitore, un coniuge, disabile, malato, comunque non autosufficiente. Un’attività molto faticosa quella dei cosiddetti caregiver, che si svolge all’interno delle mura domestiche per molte ore ogni giorno o addirittura a tempo pieno. Cercando un equilibrio che spesso diventa impossibile con il resto della famiglia, il lavoro, gli impegni quotidiani. E che obbliga molte volte a una vita di rinunce e difficoltà.

L’arrivo dell’estate, però, è anche per i caregiver il momento di prendersi finalmente una pausa: così la pensa la stragrande maggioranza degli italiani, secondo i quali un po’ di riposo è fondamentale per recuperare le forze e riprendere al meglio, al rientro, l’attività. Solo l’8% pensa che nemmeno in questo momento dell’anno ci si possa concedere un, pur breve, periodo di vacanza. I dati emergono dall’ultima ricerca dell’Osservatorio di Reale Mutua sul welfare.

Ma come organizzare la pausa senza ridurre le cure del proprio caro? Per quasi un italiano su due (42%) la soluzione migliore è rivolgersi a un servizio di assistenza domiciliare con personale esperto, il 36% si affiderebbe a un altro parente in grado di sostituirlo e un ulteriore 34% a un’associazione di volontariato o a una struttura ad hoc.

Assistere con continuità un familiare in stato di bisogno può essere un compito molto gravoso, che condiziona la vita del caregiver in molteplici aspetti: secondo gli intervistati, la prima sfera a risentirne è quella personale e lavorativa (60%), con rinunce alla carriera ma anche agli svaghi e al tempo libero.

A preoccupare sono però anche i contraccolpi psicologici (52%), che possono manifestarsi con stati di ansia, depressione o persino senso di colpa, le ricadute economiche (46%) per i costi legati all’assistenza e gli effetti sulla salute stessa di chi assiste (42%).

Le difficoltà aumentano, poi, se il caregiver non dispone di risorse economiche sufficienti (54%) o deve far fronte ai compiti di cura da solo (45%), senza una rete relazionale solida a cui affidarsi, magari abitando lontano dalla cerchia familiare (34%).

Ma non solo: dedicarsi anima e corpo a questa attività porta spesso a mettere in secondo piano le proprie esigenze, fino ad adottare comportamenti errati e pericolosi. Secondo gli italiani, fra i principali rischi c’è quello di non chiedere aiuto e pensare di poter fare da solo (46%), addossandosi in toto i compiti di cura, ma anche quello di lasciarsi assorbire al punto da trascurare la propria salute (44%), rimandando o addirittura non sottoponendosi a visite ed esami medici, o di annullare le relazioni sociali (44%) e persino i rapporti con gli altri membri della famiglia (39%).

Che cosa può aiutare allora il caregiver nella sua attività? Al primo posto, dicono gli intervistati, misure di sostegno economico (51%) e forme di conciliazione vita-lavoro (46%), che permettano un’organizzazione più flessibile degli orari. Importante sarebbe inoltre poter contare su un sostegno psicologico (38%), ricevere informazioni sulla patologia in questione (33%) e anche conoscere le diverse soluzioni di assistenza disponibili per il caregiver stesso (30%), fino alla possibilità di delegare a terzi alcune attività quotidiane, come la spesa (34%). Un ulteriore 20% ritiene utili i servizi di telemedicina (20%), con cui è possibile monitorare e inviare a distanza i parametri vitali dell’assistito.

«Il tema della non autosufficienza ricopre un ruolo centrale nell’ambito del welfare in Italia – commenta Marco Mazzucco, direttore Distribuzione Marketing e Brand di gruppo Reale Mutua – Occorre però sapere che, accanto alle persone che soffrono di queste gravi problematiche, molte volte sono i familiari stessi a far fronte direttamente ai compiti di cura, dedicando tempo e risorse all’assistenza dei loro cari. Proprio questo è il tema che abbiamo voluto affrontare con il nostro Osservatorio, portando alla luce le percezioni degli italiani rispetto a un fenomeno di forte attualità. Come Reale Mutua, siamo molto sensibili a questo tema e offriamo soluzioni domiciliari che permettono di migliorare sia l’assistenza e la cura dei pazienti sia la quotidianità di chi sta loro vicino, anche attraverso soluzioni tecnologiche».

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