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Giulio Scarpati: «Racconto di mia madre per non perdere le tracce della mia vita»

Giulio Scarpati: «Racconto di mia madre per non perdere le tracce della mia vita»
Avevamo già incontrato Giulio Scarpati in occasione di Ai miei tempi, la serata-evento che AltraEtà ha dedicato, in collaborazione con Il Secolo XIX, ai ricordi, ai racconti e alle memorie di uomini e donne non più giovani. Questa volta abbiamo intervistato Scarpati per parlare del suo nuovo libro Ti ricordi la Casa Rossa? Lettera a mia madre, edito…

Avevamo già incontrato Giulio Scarpati in occasione di Ai miei tempi, la serata-evento che AltraEtà ha dedicato, in collaborazione con Il Secolo XIX, ai ricordi, ai racconti e alle memorie di uomini e donne non più giovani.

Questa volta abbiamo intervistato Scarpati per parlare del suo nuovo libro Ti ricordi la Casa Rossa? Lettera a mia madreedito da Mondadori e dedicato alla madre malata di Alzheimer da tre anni.

Il libro “Ti ricordi la Casa Rossa? Lettera a mia madre” è dedicato a sua mamma affetta dal morbo di Alzheimer. È il suo primo volume, da dove nasce la voglia di raccontare la sua vita?

«Il libro disegna un dialogo emozionale con mia madre, nato per ricostruire la memoria della mia famiglia durante gli anni Settanta e Ottanta.  Il volume raccoglie in maniera trasversale le storie, gli aneddoti, i miti e i tratti miei, dei miei fratelli e dei miei genitori. Con Ti ricordi la Casa Rossa? ho voluto, da  una parte, recuperare i miei ricordi per non perderne traccia, dall’altra è stato per me un momento di riflessione e di analisi personale, quasi un aiuto confortante per superare il dolore della malattia. Ho scritto il libro perché voglio ricordare mia mamma per la donna che era: una presenza forte e indipendente, impegnata sia in politica sia nella difesa dell’ambiente, una figura essenziale per me e per quello che sono diventato».

Tre anni fa, sua madre si è ammalata di Alzheimer. Come avete reagito Lei e la sua famiglia alla malattia?

Il processo di accettazione della malattia è stato graduale. Dopo la diagnosi, il primo istinto è stato quello di negare: né io né i miei fratelli eravamo in grado di accettare la grave patologia. Evitavamo di parlarne e di informarci. Con il passare del tempo, abbiamo cominciato ad accettare la situazione e cercato un nuovo modo di comunicazione, di relazione con nostra madre, per non perdere il passato. Vedere adesso mia mamma nella condizione della malata, mi provoca un grande dolore, che ho voluto espiare attraverso il libro, che vuole essere un modo per restituire lo spirito di mia madre.

Ha scritto questo libro per condividere la sua esperienza con altre persone che si ritrovano nella sua stessa condizione. Qual è il messaggio che ha voluto lanciare?

Solidarietà, aiuto e conforto. Questi i messaggi che ho voluto inviare a chi si trova a vivere la mia stessa situazione. Combattere il dolore con il ricordo, con la memoria di quello che è stato, con la passione e la voglia di vivere che i nostri cari avevano prima di incontrare la terribile malattia.

Sua madre l’ha seguita in tutte le sue esperienze teatrali. Adesso è in scena con “Oscura immensità”, un’opera che tratta di dolore, perdono, rabbia e misericordia.

Oscura immensità, della regia di Alessandro Gassman e tratto dal libro di Massimo Carlotto, è un noir dai temi forti che tratta in maniera diretta sentimenti contrastanti e viscerali, quali l’odio e il perdono. È una trama ricca di colpi di scena che vede in me il protagonista: un uomo cui sono stati uccisi un figlio e la moglie e che, dopo anni, deve fare una scelta esistenziale, quale perdonare o no l’assassino che li ha uccisiOscura immensità, tratta temi importanti che mettono alla prova la personalità degli attori e del pubblico.

Lei è conosciuto al grande pubblico come Lele Martini, dottore protagonista di Un Medico in Famiglia. È vero che ha deciso di abbandonare la parte?

Sì. Credo che dopo cinque stagioni, Lele Martini abbia esaurito il suo ruolo. Sto cercando nuovi stimoli che vadano oltre a questo ruolo, che mi ha dato tanto e cui devo tanto, ma che inizia a starmi un pò stretto.

B.M.

 

 

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