Un nuovo studio condotto sul dna di oltre 400 mila individui ha confermato la poligenicità della malattia di Alzheimer. Gli studi e le indagini più recenti sul morbo hanno evidenziato che a scatenare la malattia è il connubio tra diverse varianti genetiche.
Alzheimer e varianti genetiche: lo studio pubblicato su Nature Communications
Lo studio portato avanti dai ricercatori dell’Università Statale di Milano è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications. Il team di ricerca ha avuto il compito di selezionare opportunamente i pazienti inseriti nello studio, garantendo l’accuratezza della procedura clinica indispensabile per l’attendibilità dell’analisi genetica. Questo grazie all’impiego delle tecniche e metodologie neuropsicologiche, neurochimiche, genetiche e radiologiche più avanzate, che consentono a oggi una precisione diagnostica a livello molecolare della malattia.
L’università degli Studi di Milano così comunicato i risultati ottenuti attraverso la ricerca.
“Scoperte sei nuove varianti geniche alla base dell’Alzheimer e studiato un punteggio di rischio poligenico in grado di identificare i soggetti ad elevato rischio di sviluppare la malattia. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature Communications, rappresenta il più grande studio genetico a oggi realizzato, grazie al contributo di tutti i più importanti gruppi di ricerca Europei e Americani, riuniti e coordinati in un unico grande consorzio multinazionale. Allo studio hanno contribuito i ricercatori dell’Università Statale di Milano che lavorano in due Unità del Policlinico di Milano: quella di Neurologia – Malattie neurodegenerative (di cui fa parte il Centro Dino Ferrari) e quella di Geriatria”.
L’Alzheimer è una patologia poligenica
Secondo Daniela Galimberti (dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche), responsabile del Laboratorio di Diagnosi e Ricerca dell’Unità Malattie Neurodegenerative «i risultati presentati oggi sottolineano il fatto che la malattia è dovuta all’effetto di numerosi geni e il rischio genetico può essere quantizzato».
Elio Scarpini, direttore dell’Unità e docente di Neurologia del dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche della Statale, commenta: «L’identificazione di soggetti asintomatici a elevato rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer costituisce l’elemento indispensabile per lo sviluppo dei nuovi trattamenti farmacologici specifici, preventivi e curativi».
Andrea Carozzi